30
Dicembre 2005
King
Kong - Recensione
"Quand'ecco
la Bella guardò in volto la Bestia; e la Bella fermò
la Bestia, che da quel giorno in poi fu come morta."
Queste le parole che accompagnano l'uscita di King
Kong di Peter Jackson,
questo il significato profondo della storia di uno dei mostri più
celebri della storia del cinema. L'hobbit venuto dalla Nuova Zelanda,
dopo l'incredibile e meritato successo guadagnato con la trilogia
del Signore degli Anelli, può finalmente realizzare
il sogno di riportare sul grande schermo il film che, come lui stesso
ha dichiarato, ha ispirato la sua carriera di regista.
La storia è nota a tutti e ricalca fedelmente l'originale
del 1933. All'inizio c'è una lunga parte di attesa con la
presentazione dei personaggi, la descrizione del momento storico
e il racconto del viaggio. Poi si arriva a quella che è la
parte centrale e più frenetica, lo sbarco su Skull Island
e le avventure dei personaggi in quell'incredibile mondo. Infine
si arriva all'epilogo con la cattura di King Kong che viene portato
a New York dove fugge e scatena la sua rabbia per essere stato strappato
dalla sua terra natale, fino all'immancabile finale sulla cima dell'Empire
State Building.
Parlando di questo film non si può prescindere dagli effetti
speciali e dalle scenografie. Lo staff tecnico è praticamente
tutto quello de Il Signore degli Anelli e si vede. La qualità
praticamente perfetta degli effetti digitali si accompagna ad una
maniacale cura del particolare. Nulla viene lasciato al caso, ogni
minimo dettaglio dell'inquadratura è curato ed ha una sua
ragione d'essere; ogni oggetto, ogni costruzione, ogni creatura
ha una sua storia (basti notare che quando King Kong si arrampica
sull'Empire State Building dalle finestre si può vedere la
carta da parati che ricopre le pareti delle stanze). Il tutto a
creare un mondo perfetto tanto nella ricostruzione della New York
degli anni '30, quanto nella creazione dell'incredibile isola fuori
dal tempo. King Kong è bellissimo; le cicatrici che ricoprono
il suo corpo sono testimonianza di una lunga esistenza di dure lotte
per dimostrare continuamente di essere il re di Skull Island; la
tristezza che traspare dal suo sguardo narra una commovente storia
di solitudine; la fierezza della sua espressione svela una dignità
intaccabile. Se poi uniamo il tutto al lavoro dell'incredibile Andy
Serkis che, abbandonate le viscide movenze di Gollum,
è andato a studiare i gorilla africani per dare credibilità
al pesante ma agile incedere di King Kong, otteniamo una delle creature
più realistiche mai viste al cinema.
Qualcuno
ha annoverato tra i difetti l'eccessiva lunghezza del film (3 ore),
tanta azione serrata alla fine può un po' portare all'assuefazione,
ma sinceramente non saprei a quale tra le visioni di Jackson potrei
rinunciare.
Buona anche la prova dei protagonisti. Bravissimo Jack
Black che riesce a raprresentare al meglio il personaggio
di Carl Denham, regista avventuriero sgradevole nella ricerca del
successo a tutti i costi, ma appassionato cultore dell'arte del
cinema (quando rischia la vita per recuperare la sua cinepresa siamo
sicuri che lo fa per ampre del suo lavoro e non per la paura di
perdere un profitto). Bella ed equilibrata Naomi
Watts, che riesce a restare a metà strada
tra la Fay Wray dell'originale
del 1933, capace solo di strillare terrorizzata, e la Jessica
Lange del remake del 1976, un po' troppo intraprendente
nei confronti di uno scimmione di otto metri.
Complimenti dunque a Peter Jackson capace di realizzare un suo sogno
d'infanzia, arricchendo in qualche modo il mondo del cinema. Ora
però che pensi anche ai nostri di sogni, noi aspettiamo Lo
Hobbit.
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Autore: Pisq - commenta
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