15
Giugno 2006
Il
Santo Graal sotto l'antica Roslin aspetta,
calice e lama sorvegliano l'eletta;
adorna d'opre d'artisti incantati,
riposa infine sotto cieli stellati.
Il
Codice Da Vinci - Recensione
Il
Codice da Vinci…
tanto, troppo, si è detto di questo film, se ne è
parlato prima ancora che il film fosse presentato in anteprima a
Cannes e poi nelle
sale di tutto il mondo: siamo stati travolti da un mare di parole
per lo più inutili, che miravano a cavalcare un sensazionalismo
inesistente e che inducevano a dubitare se, chi tanto scriveva,
il film l'avesse davvero visto. Una sorta di "passaparola"
in cui le parole sono usate nel loro modo peggiore, cioè
'abusate', ripetute e private di voce propria. Insomma, de Il Codice
da Vinci si è detto e scritto a dismisura tanto da costruire
un'attesa per il film ben oltre le sue reali qualità.
La trama è ormai più o meno nota a tutti: l'anziano
curatore del Museo del Louvre, Jacques Saunière, viene ritrovato
assassinato. Costui, prima di morire, usa il proprio corpo per trasmettere
un messaggio che conduce a un segreto sensazionale: si dispone come
nel disegno di Leonardo da Vinci dell'Uomo vitruviano, con un pentacolo
disegnato sul petto e intorno alcuni messaggi messaggi e numeri,
chiamando in aiuto lo studioso americano di simbologia Robert Langdon
(Tom Hanks), a Parigi
per un convegno. Langdon viene condotto di notte al Louvre e praticamente
interrogato dal capitano della polizia Bézu Fache (Jean
Reno): quello che sembrava un semplice consulto,
non è che un tentativo da parte del poliziotto di incastrare
come responsabile lo studioso. Al Louvre vengono raggiunti dalla
crittologa Sophie Neveu (Audrey Tautou),
la nipote del morto. Langdon si troverà coinvolto, insieme
alla giovane, seguendo le interpretazioni degli indizi e dei simboli,
in una pericolosa cospirazione che conduce a un'antica setta, il
Priorato di Sion, depositaria di un segreto sconvolgente. Una trama
intricata, con un killer albino, Silas (Paul
Bettany), fedele fino alla morte al suo salvatore,
il vescovo Aringarosa (Alfred Molina),
e a un misterioso 'maestro'; un capitano della polizia dal comportamento
sospetto; un raffinato e colto inglese, Sir Leigh Teabing (Ian
McKellen), ossessionato dal Santo Graal e dalle
interpretazioni delle opere di Leonardo, dal Priorato, dai Templari.
Lo dico subito: non riesco
ad esprimere un giudizio definitivo. A me il film era piaciuto in
prima visione, forse per i due anni di attesa quasi spasmodica,
più che per la reale qualità. In seconda visione,
con un giudizio più obiettivo, ho storto il naso… Avevo
apprezzato molto il libro, senza aver letto il quale avrei potuto
scambiare il Codice da Vinci per un action thriller con un grande
cast, ma di secondo piano. Lo vedrò sicuramente per altre
dieci, cento volte, ma il giudizio non cambierà di molto.
In positivo.
Ron Howard ha avuto
l'onore e l'onere di rendere sullo schermo il bestseller di Dan
Brown, considerato da molti, a suo modo, un capolavoro.
Ricreare visivamente pagine scritte che già sono entrate
nell'immaginario collettivo. Dare un volto a Robert Langdon, a Sophie
Neveu, a Silas e a Sir Leigh Teabing. Trasferire in immagini un
concentrato delle oltre 300 pagine dell"Opera" di Dan
Brown era allettante, ma pericoloso. Howard si è affidato
a Akiva Goldsman,
già suo collaboratore in A Beautiful Mind (in molti
avranno notato l'analogo espediente visivo utilizzato nella soluzione
degli anagrammi) e in Cinderella Man e ha costruito un
film di oltre due ore e trenta, cecando di tralasciare il meno possibile
e raccogliendo la sfida, forte di un budget di oltre 125 milioni
di dollari (l'avrei raccolta anche io, a quelle condizioni…),
di un cast di grandi nomi e di ambientazioni affascinanti. E, naturalmente,
saturo di quesiti fondamentali.
C'è riuscito?
In parte sì. In parte no. Ad esempio avrebbe potuto lavorare
su quello che il romanzo offriva di interessante, come ad esempio
la tensione verso un ruolo maggiore della donna nella Chiesa, invece
si limita a seguire in maniera scarna il plot di base. Soprattutto
a Ron Howard è mancato quel "tocco magico" che
fa di un bel film un'emozione indimenticabile: Howard è
stato un bravo artigiano, un perfezionista che cerca di travolgerti
con i dettagli e che non dimentica di dirti nulla, ma che, nell'ansia
di perfezione, talora perde di vista il "cuore".
Il Codice da Vinci risulta
sullo schermo un thriller vero e proprio, con i suoi colpi di scena,
i doppi giochi, un assassino guidato da una fedeltà cieca
più al suo salvatore terreno che a quello davanti a cui si
infligge atroci autoflagellazioni, inseguimenti e sparatorie.
Un film che, grazie alla fotografia di Salvatore
Totino, ci immerge in una Parigi buia, di vicoli
e misteri, in un Louvre in cui le opere d'arte assistono con sguardo
immutato e sereno agli orrori che vi si svolgono; una Parigi in
cui risuona, sui selciati di lucide pietre, il passo di Silas, vestito
da monaco; o in una Londra caotica, ancora di bus a due piani e
cabine rosse, in interni di cattedrali in cui il passato si mescola
visivamente col presente. La musica di Hans
Zimmer fa il resto: e resterà a lungo nella
memoria (per lo meno nella mia) una scena, quella finale con Robert
Langdon novello Cavaliere inginocchiato.
Il discorso finale di Robert
Langdon a Sophie Neveu è la parte migliore del film, un messaggio
fondamentale per tutti gli inquisitori del Codice: importante è
ciò in cui si vuole credere, ciò che si sceglie, anche
col cuore, di 'vedere'. Se Gesù fosse o meno
sposato, se avesse avuto degli eredi, non intacca la nostra credenza
o il nostro agnosticismo. Anzi: ci rende più umano chi dovrebbe
essere Dio incarnato. Il resto è inessenziale. Ognuno deve
cercare in se stesso la propria risposta. Una ricerca faticosa e
di ogni istante della nostra vita.
Costato 125 milioni di dollari, di cui sei sono andati in diritti
d'autore e venti al protagonista principale, Tom Hanks, soltanto
per la settimana di riprese notturne al Louvre è stato sborsato
un milione e mezzo di euro. Ciononostante, quello che lo spettatore
vede è un po' il museo vero, ma soprattutto un museo falso,
ricostruito negli studi inglesi di Shepperton. Quanto ai quadri,
ben 150 sono le copie che il pittore James
Gemmil ha realizzato, da quelle leonardesche alle
altre tele che scorrono sullo schermo. Sempre a Shepperton, inoltre,
è stato invece interamente ricostruito l'interno della chiesa
di Saint-Sulpice, il luogo sacro dove lo spietato e un po' intronato
monaco Silas si reca in cerca del segreto del Graal e della realtà
dello gnomone, l'antico strumento astronomico solare. Dopo che in
un anno circa 400mila fan del libro avevano fatto la stessa cosa,
ma avevano dovuto accontentarsi della sola meridiana, monsignore
Roumanet aveva messo
un avviso a fianco dell'obelisco in cui si invitavano i fedeli a
non prendere troppo sul serio «le storie fantasiose di un
recente romanzo di successo».
Risultato, la produzione
ha preferito ricostruire altrove la celebre chiesa. Finzione per
finzione, se il Louvre e Saint-Sulpice sono fondamentalmente made
in Britain, la Terra santa di Gesù e di Maria Maddalena,
presente nel film in forma di flash back che facendo vedere l'antico
aiuta a orientarsi nel presente, è più semplicemente
l'isola di Malta mentre la cattedrale di Winchester del XIX secolo
è stata scelta, con opportuni invecchiamenti, quale sede
dell'ordine dei Templari di sette secoli prima. Particolare curioso,
infine, in un film dove PER ALCUNI si riscrive la storia del cattolicesimo
in un'atmosfera di thriller e di horror, è il merchandising
che lo accompagna, assolutamente puritano per volontà del
suo distributore.
Dietro
tutti i numeri, i primati e le curiosità, naturalmente, c'è
il film vero e proprio. Un regista da Oscar come Ron Howard, un
protagonista maschile da Oscar come il già citato Tom Hanks
e un cast di tutto rispetto: Audrey Tautou, Ian Mc Kellen, Jean
Reno, Paul Bettany, Alfred Molina, Jürgen Prochnow (oh, una
volta che mi capitasse di vederlo interpretare un ruolo "positivo"…
certo che, con quella faccia…). Di che assicurare, in teoria,
lo spettacolo, se non fosse che la necessità di semplificare
e di spiegare per immagini rende il film o troppo veloce o troppo
farraginoso: molto effetti speciali, qualche eccesso tecnologico,
ma poco o punto approfondimento psicologico. Lo stesso Hanks, cui
non si capisce se un lifting, un trapianto di capelli o, più
semplicemente, un nuovo parrucchiere ha come svuotato di credibilità,
sembra più uno smemorato che un esperto di miti, e la bella
Audrey Tautou fa benissimo la parte della donna misteriosa, ma lo
spettatore fatica a capire quale sia il suo ruolo e come sia finita
nel mistero. Ciò che al romanzo dava il sapore della saga,
i Templari, il Graal, le persecuzioni, qui appare ridotto a "Bignami"
e francamente a volte fa un po' sorridere.
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Autore: Vlad - commenta
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